Cassette – Marco Rossari
Dovete sapere che la creazione di una grande compilation, così come una separazione,
richiede più fatica di quanto sembri. Devi iniziare alla grande, catturare l’attenzione!
Allo stesso livello metti il secondo brano, e poi devi risparmiare cartucce inserendo brani di minore intensità.
Eh… sono tante le regole.
Comunque… ho iniziato a pensare a una cassetta per Laura.
Conosco i suoi gusti e cercherò di farla felice.
E per la prima volta, so di poterci riuscire.
Rob Gordon, protagonista di Alta Fedeltà
(Nick Hornby, Guanda 1995)
Cassette è la rubrica di Spazio B in cui i nostri autori si mettono davanti allo scaffale dei dischi e scelgono dieci pezzi per una compilation ideale. Questo è il turno di Marco Rossari, che per add ha scritto nella collana Incendi Bob Dylan. Il fantasma dell’elettricità.
L’illustrazione di copertina è firmata da Susanna Galfrè, studentessa al secondo anno di IED a Torino.
Premessa. Dieci canzoni sono poche e se mettessi solo quelle che amo di più dovrei cominciare una battaglia estenuante, come in quel racconto di Michele Mari sugli scrittori preferiti, e non ne ho né la forza né la voglia. Quindi niente mostri sacri. Sono le prime dieci che mi sono venute in mente in questo scampolo di pomeriggio con il sole che entra in cucina. Roba che ho ascoltato molto, direi. Spoiler: non c’è Dylan, ma si parte da Dylan.
da Jukebox
La canzone bella è venuta, il libro non so, giudicate voi.
“You always leave me tongue-tied”: ogni canzone parla (anche) di se stessa.
da Cavalo
Da molto tempo, ormai, mi sono arreso al fatto che ascolto solo musica triste, sarà che insegno umorismo. Amarante ha tirato fuori qualche anno fa questo disco che ti entra sotto pelle come un sortilegio o un antistaminico a primavera: ti fa dormire, ma per sognare meglio.
da Solo Monk
Da dove cominciare? Non cominciamo proprio, esitiamo proprio come lui, tratteniamo il fiato appena prima di pestare i tasti, ecco lì, proprio lì, in quell’esitazione sta il segreto di quel melodious thonk.
da Nino rojo
È poi diventato un personaggio hipster tutto barbetta e risvoltini, ma agli esordi Banhart tirava fuori cose folk bellissime. In questo disco si può amare tutto: Noah, Wake up, A Ribbon. Di più: amo anche il disco gemello, Rejoicing in the Hands.
da Philophobia
Li scoprii grazie a un film vietnamita, restando in sala fino ai titoli di coda per capire che canzone fosse. Mi ci volle parecchio per ritrovare il pezzo. Ancora non ha smesso di parlarmi. Il disco è tutto un mix di malinconie e pentimenti: non è musica, è puro hangover.
da From a Basement on the Hill
Ultimo disco di un signore che sapeva scrivere.
Lo ascoltavo molto in un sottotetto freddo d’inverno e caldo d’estate e non ero felice. Poi sono stato più felice, ma ho continuato ad ascoltarlo lo stesso. In questo periodo si è riaffacciato.
da Volume 13
Chiusura con il tram, in minore, da grande scrittore che non ha bisogno del colpo di coda.
Io non lo so quante volte mi sono messo lì seduto con la chitarra a farla e quante volte ho riposto la chitarra e sono andato a bere qualcosa.
da Push the Sky Away
Volevo che il romanzo avesse un andamento notturno e fatale, che si sentisse in ogni parola quel refrain ossessivo,
“I’m tired, I’m tired”. Se ci sono riuscito è solo merito suo: “Nick, can you feel my heart beat?”.
Marco Rossari, scrittore e traduttore, è nato a Milano nel 1973. Tra i suoi libri: L’unico scrittore buono è quello morto (Edizioni e/o 2012), Piccolo dizionario delle malattie letterarie (Italo Svevo 2016), Le cento vite di Nemesio (Edizioni e/o 2016). Tra i tanti autori tradotti: Charles Dickens, Mark Twain, Percival Everett, Dave Eggers, Alan Bennett, Hunter S. Thompson, Malcolm Lowry. Per Einaudi ha curato l’antologia Racconti da ridere (2018) e ha pubblicato Nel cuore della notte (2018).
Tiene un laboratorio di scrittura umoristica presso la Scuola Belleville di Milano.