8 luglio 2024

La mia vita d’arte e rose. Ho visto la rivoluzione: l’intervista ad Anna Peyron

L’intervista ad Anna Peyron a cura di Alessandro Martini e Maurizio Francesconi sul Corriere della Sera Ed. Torino.

Com’è cominciata la sua esperienza con l’arte?
Nel 1963 andai per la prima volta nella galleria d’arte di Gian Enzo Sperone accompagnata dai miei amici Marisa e Mario Merz, per visitare una mostra di Pistoletto. Sperone cercava una persona che lavorasse con lui e io accettai subito l’offerta. La galleria, in via Cesare Battisti, era parte di uno straordinario “triangolo culturale” insieme all’Unione Culturale, dove per la prima volta in Italia si esibì il Living Theatre, e alla libreria Luxembourg. Allora a Torino esplodevano la Pop art e l’Arte povera e io passavo le mie giornate in pochi metri quadrati dove tutto avveniva sotto i nostri occhi e di cui noi eravamo partecipi. Entusiasmante. Capii subito che stando con gli artisti avrei imparato un sacco di cose, quindi stavo zitta e tendevo bene le orecchie. Attentissima. Ancora oggi conservo il ricordo di questi momenti: sono significativi per me che li ho vissuti in prima persona, ma lo sono anche per la collettività. Pensiamo alle rivolte studentesche, alla Biennale del ‘68 e alle proteste, alle cariche della polizia…

Ricorda con nostalgia quegli anni?
Gli anni Sessanta e Settanta sono stati veramente un periodo d’oro, un momento nel quale tutto era nuovo. E a Torino operavano gallerie d’arte contemporanea straordinarie: Sperone, ovviamente, ma anche quelle di Luciano Pistoi, di Mario Tazzoli e poi di Christian Stein. Oggi l’arte è poco più che un investimento, un bene rifugio. All’epoca c’era invece il piacere di collezionare, anche perché l’arte costava relativamente poco e tutto era più semplice e accessibile. Non si parlava di denaro, ciò che interessava era l’opera. E poi allora succedevano cose che oggi non succedono più…

Poi è arrivato il mondo delle piante e il vivaio da lei fondato. Come è passata dall’arte ai fiori?
Come sempre nella mia vita è nato da un colpo di testa. Un innamoramento, a cui è seguita una nuova avventura e quindi la dedizione totale. Ancora oggi i miei figli mi rimproverano le mie assenze, perché mi dedicavo soltanto al vivaio… Al mio trasferimento a Castagneto Po, negli anni Settanta, vivevo in cima a una collina, circondata da molto terreno con boschi, piante, frutteti. Che cosa avrei potuto fare se non occuparmi di piante?

Prima le piante grasse, poi le sue celebri rose. Com’è andata?
Tutto cominciò con le piante grasse, che si possono solo amare o detestare. Le guardavo con l’occhio dell’arte perché mi sembravano sculture, ne ero affascinata. Con l’ennesimo colpo di testa acquistai tutte quelle di proprietà di un vivaista fiorentino ormai anziano di nome Torrini. Erano 300.000, un numero spaventoso. Passai un’intera estate da lui per imparare a coltivarle e le studiai lungamente. Mi sembrava una sfida meravigliosa, non ne sapevo un fico secco. Feci costruire le serre e poco per volta le vendetti. Solo in seguito cominciai a piantare delle rose, anche su consiglio di un grande maestro come Paolo Pejrone. Al Chelsea Flower Show di Londra conobbi il rosaista John Scarman, che voleva stabilire collaborazioni sul continente. Fu lui a insegnarmi a coltivarle. E da lì è partita l’ennesima avventura…

Qui potete trovare l’intervista completa sul Corriere della Sera Ed. Torino: https://usercontent.one/wp/www.addeditore.it/wp-content/uploads/2024/05/Peyron-Corriere-della-Sera-Ed.-Torino-29-06-2024.pdf

Vai al libro: https://www.addeditore.it/catalogo/anna-peyron-larte-che-abbiamo-attraversato/

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