8 marzo: la strada per l’uguaglianza
Nel suo ultimo libro, Per l’uguaglianza, Lilian Thuram racconta “Quando vado nelle scuole chiedo ai bambini se sono consapevoli che le ragazze fanno più fatica a inserirsi nella società, e se desiderano veder evolvere la situazione affinché ci sia uguaglianza tra uomini e donne. Un giorno, parlando davanti a due classi di un liceo, ho chiesto ai ragazzi chi tra loro volesse davvero la parità tra uomini e donne. Hanno alzato la mano in quattordici, ho detto loro di immaginare che il potere fosse nelle loro mani e che in sette avrebbero dovuto cederlo ad altrettante ragazze. Dopo essersi guardati a lungo, soltanto in tre (uno dei quali con poca convinzione) sono stati d’accordo”.
Domenica sarà l’8 marzo e a conferma delle parole di Lilian Thuram riguardo le diseguaglianze di genere nella nostra società arriva una ricerca dell’Istituto Europeo di Statistiche che pubblica dati abbastanza disarmanti in occasione della Giornata Mondiale della Donna. Al centro dell’indagine ci sono le differenze salariali tra uomini e donne. Lo scarto di stipendio tra impiegato e impiegata nel 2013 ammontava al 16,4% in Europa. L’Italia si conferma dopo Malta (29,6%), il peggiore tra i 28 paesi per la differenza tra uomini e donne occupate, quasi al 20% (con un tasso di occupazione maschile del 69,8% contro uno femminile del 49,9%), seguita dalla Grecia (19,4%). A livello Ue, dove il tasso di occupazione femminile è più elevato, sono però un terzo le donne (contro l’8,1% degli uomini) che lavorano part-time.
L’Italia è comunque in linea con la media europea. La sola eccezione sono Finlandia ed Estonia che riescono a combinare un alto tasso di occupazione femminile e un basso tasso di contratti part-time. Se il trend dello scarto salariale è molto lento a scendere nel vecchio continente (si è ridotto appena dello 0,9% in cinque anni), le differenze di genere non migliorano neanche a livello di ruoli: due manager su tre sono uomini, mentre i due terzi di impiegati, segretarie e commesse sono donne.
I dati di Eurostat segnalano inoltre che a beneficiare della parità tra i due sessi sarebbe il pil dell’Unione europea, che crescerebbe del 12% se il mercato del lavoro fosse veramente equo. Ma a oggi ad alimentare le disparità di genere è anche un’educazione basata ancora su stereotipi che finiscono per dividere gli uomini e le donne fin da piccoli e influenzare le scelte formative e lavorative. Buoni segnali però arrivano in campo formativo dove le donne sono al primo posto: circa l’83% ottiene un diploma di istruzione secondaria in Europa rispetto al 78% degli uomini.
La strada per l’uguaglianza è lunga e passa attraverso l’educazione e la lotta agli stereotipi; e Lilian Thuram ci ricorda che “ogni cambiamento, si sa, avviene in modo graduale. Ogni generazione deve fare un passo. Non bisogna aspettarsi risultati immediati, ma agire nel nostro tempo”.
Approfondimenti:
La Repubblica – Le inchieste – Donne, lo stile del comando
Analisi Eurostat – (eng)