Storia di una mostra: NPO Count 5
-di Enea Brigatti-
Immaginate questa situazione: è mattina, squilla il telefono, lo schermo del cellulare indica un numero che non è compreso nella rubrica.
Ci sono due scuole di pensiero: da una parte quelli che a numeri sconosciuti – o al citofono che suona all’improvviso senza aver appuntamento con nessuno – non risponderebbero neppure sotto tortura.
È una reazione che ha diversi punti in comune con la paranoia: «Non si sa mai: se vogliono dei soldi, non voglio saperlo. Se è una multa, non voglio saperlo. Se è uno scocciatore, non voglio essere scocciato. Se è qualcuno che conosco, prima o poi richiamerà o tornerà».
Dalla parte opposta quelli che rispondono sempre, al telefono come al citofono.
È una reazione che ha ugualmente diversi punti in comune con la paranoia: «Non si sa mai: potrebbe essere successo qualcosa di brutto. Potrebbero volere dei soldi. Potrebbe essere una multa. Magari è qualcuno che conosco che ha un’emergenza».
Quindi: è mattina, squilla il telefono, lo schermo del cellulare indica un numero sconosciuto.
Il cellulare è quello di Gianluca Cannizzo, direttore artistico del Laboratorio Zanzara: Gianluca risponde, dall’altro capo del telefono c’è la dogana di Torino.
Hanno in deposito un pacco che porta il suo nome nella casella del destinatario: un grosso scatolone, piuttosto pesante.
Ora tocca a lui scegliere se sbloccare questo pacco, pagando i costi doganali, oppure lasciare che torni al mittente.
Gianluca ci pensa un attimo: non ha assolutamente idea di cosa possa esserci in quella scatola.
Non ha fatto alcun acquisto online, e soprattutto niente che possa essere così ingombrante e massiccio.
Chiede al doganiere qualche indizio in più: è possibile sapere il nome del mittente?
La sua risposta è confusa ma al tempo stesso illuminante: sul pacco ci sono dei pittogrammi giapponesi e un nome, “Kaoru Kobayashi”.
A questo punto Gianluca chiede al doganiere se può richiamarlo fra qualche ora, giusto il tempo di capire qualcosa in più, ma in realtà ha già intuito tutto: riscattare un pacco così grande ha un costo, meglio essere sicuri.
Chiude la telefonata e ne apre subito un’altra: chiama l’amico Shin, suo ex-coinquilino in Nuova Zelanda e a Torino, attualmente venditore di vini biologici e distributore in Giappone dei prodotti del Laboratorio Zanzara (e dei poster di Gianluca).
Shin conferma la sua intuizione: nella scatola viaggia un’intera mostra, disegni, gadget, poster, pupazzi di pezza provenienti da NPO Count 5, una cooperativa sociale con sede a Tokyo.
A questo punto Gianluca richiama la dogana e il pacco arriva a Torino: siamo nel maggio del 2016.
Totalmente inaspettata, la scatola viene custodita al Laboratorio Zanzara e rimane chiusa per un anno ad aspettare il momento giusto per essere aperta e potersi trasformare in una mostra.
Torniamo indietro nel tempo.
Nel 2014 Gianluca parte per un viaggio di piacere in Giappone: arrivato a Tokyo, il suo amico Shin gli organizza un incontro con un gruppo di operatori sociali che da lontano stimano il progetto del Laboratorio Zanzara.
Si chiamano Yuichi Ishidaira e Naoko Okumura: insieme lavorano a Count 5, un progetto di supporto alla creatività di persone con disabilità mentali, il medesimo campo in cui agisce il Laboratorio Zanzara.
Shin fissa l’incontro per l’ora della merenda, in una sala da tè di un quartiere periferico di Tokyo, e il pomeriggio passa chiacchierando e confrontandosi sulle rispettive attività, simili ma anche molto diverse: il compito di Gianluca alla Zanzara, agenzia pubblicitaria e di comunicazione, è di valorizzare e coordinare il lavoro di illustrazione delle persone con disabilità; in Count 5 invece il prodotto finale è direttamente il risultato del lavoro artistico dei ragazzi coinvolti, senza un filtro rappresentato da una figura esterna: Yuichi interviene solo per aiutarli quando sono in difficoltà nella composizione dei disegni.
Alla fine della giornata Gianluca, Shin, Yuichi e Naoko si salutano con la promessa di rimanere in contatto: nulla di più e nulla di meno.
Agosto 2017, la scatola della mostra è ancora nello stesso angolo del Laboratorio Zanzara dove è stata appoggiata un anno prima.
Gianluca dopo aver tentato per mesi diverse soluzioni, ha un’idea: la Libreria Bodoni avrebbe abbastanza pareti bianche per ospitare una mostra dei disegni di NPO Count 5.
Giulia, curatrice del programma degli eventi in Bodoni, accetta subito e conoscendo i miei gusti mi invia la descrizione con la quale NPO Count 5 si presenta sul web, e qualche foto dei lavori, dei quali mi innamoro all’istante.
«Il wrestling è l’unico sport in cui è consentito commettere falli, si può arrivare fino a 5. Alcune persone sostengono che il wrestling non sia una vera competizione, bensì uno spettacolo: certo, il gioco ha un canovaccio, ma lo sviluppo della storia è davvero energico e intenso. In questo modo si tiene alta l’attenzione del pubblico, che si dimentica che esista una sceneggiatura di fondo. Abbiamo scelto di applicare lo stesso metodo del wrestling al supporto di persone con disabilità: un modo di pensare non ordinario, che permette loro di divertirsi insieme e diventare le stelle del ring. I “falli” consentiti sono 5 e permettono di sbagliare senza paura.»
Qualche giorno dopo andiamo insieme al Laboratorio per aprire lo scatolone e capire bene cosa contiene.
Ci accoglie Gianluca, che prima di passare al lavoro ci spiega: «Quando ho parlato di quanto mi piacesse il progetto NPO Count 5 a Shin dev’esserci stata un’incomprensione: in quel periodo gestivo In un posto fantastico, un negozio un po’ sperimentale in cui oltre a una selezione di materiale da cancelleria particolare, oggettistica bizzarra reperita al Balòn e contesti similari avevo anche un piccolo spazio che dedicavo alle mostre.
Immagino che Shin abbia messo insieme la mia passione per il lavoro di NPO Count 5 con il fatto che avessi uno spazio espositivo a disposizione.
Quando la scatola della mostra è arrivata purtroppo però In un posto fantastico aveva già chiuso e quindi ho cominciato a pensare a un altro posto e dopo un paio di tentativi andati a vuoto sono arrivato alla Libreria Bodoni.
All’inizio pensavo a uno spazio più ampio, ma non sono un grande fan delle gallerie, preferisco luoghi d’incontro più vivi, che hanno la possibilità di entrare nel quotidiano delle persone in modo diretto».
Quando apriamo la scatola e svuotiamo il suo contenuto sul tavolo rimaniamo di sasso: ci sono almeno cento disegni, per la maggior parte bellissimi, e magliette, spille, astucci, pupazzi.
Insieme ai materiali anche una lettera indirizzata a Gianluca e firmata dal responsabile di NPO Count 5, Yuichi Ishidaira.
In questa lettera Yuichi, fra mille scusa e mille grazie come da tradizione nipponica, spiega che i disegni sono stati tutti realizzati da Kaoru e Kenji, una ragazza e un ragazzo che Yuichi ha incontrato ormai ventitré anni fa, quando ha cominciato a lavorare per un istituto di previdenza sociale chiamato Day Center Wiz.
Spiega Yuichi che dopo essersi accorto del valore dei loro disegni ha cominciato a cercare spazi da prendere in affitto per esporre pubblicamente le opere, e formato l’associazione NPO Count 5 per sostenere e supportare, anche economicamente, il loro lavoro.
Kaoru soffre di autismo, ha scelto come mezzo espressivo prediletto la tempera, con la quale disegna e dipinge direttamente sul retro dei volantini delle offerte del supermercato.
Per prima cosa sceglie il colore che predilige in quello specifico momento, lo passa sul volantino e una volta che il colore si è fissato inizia a disegnarci, sempre con il pennello.
L’immaginario a cui attinge Kaoru è quello popolare delle rockstar, delle celebrità cinematografiche ma anche televisive, o della pubblicità: personaggi popolari in Giappone ma non solo.
Spiega Yuichi che la pittura e il disegno sono per Kaoru un motivo di continua felicità: realizza almeno un’opera al giorno e la sua arte le ha fatto guadagnare un numero consistente di ammiratori in Giappone.
Kenji invece attinge a piene mani dall’apparato visivo della lucha libre, uno stile di wrestling nato in Messico negli anni trenta e contraddistinto dall’uso da parte da lottatori di maschere variopinte a coprire il viso.
Lavorando con i pastelli, Kenji riproduce fotografie celebri dell’iconografia musicale pop applicando ai diversi soggetti le maschere della lucha libre.
Gianluca a questo punto inizia la selezione dei disegni di Kaoru e Kenji, e da centoventi pezzi si passa a cento, da cento a settanta, da settanta a cinquanta fino ad arrivare a una trentina di opere da esporre.
Un nucleo formato da disegni che mantengono elementi di continuità, per la disposizione delle figure e del lettering, o della omogeneità cromatica, oppure della scelta dei soggetti.
Colpisce nell’arte di Kaoru l’immediatezza e la pulizia del segno, la capacità di sintesi nella raffigurazione dei volti e delle figure, riconoscibili a un primo sguardo senza risultare caricaturali o una copia dal vero, il gusto nell’accostamento dei colori: tutte caratteristiche che la rendono irresisitibile.
Passato quasi un mese da quella visita al Laboratorio ora i disegni sono pronti e incorniciati: martedì 19 ottobre saranno esposti alla Libreria Bodoni, dove staranno per due settimane.
Nella lettera di presentazione che ha inviato a Gianluca, Yuichi a un certo punto, nel suo splendido inglese nipponizzato, dice riguardo la mostra: «Many people come to see it, I am glad».
Non potrebbe esserci invito migliore.