Siamo fantasmi.
Siamo già morti.
Ma se oggi morissimo di nuovo,
allora in questa vita e in quella successiva
vi perseguiteremo
e scherniremo per sempre.
A due mesi dal colpo di Stato militare in Myanmar il numero dei morti è ormai salito oltre 500, migliaia e migliaia gli arresti. Oltre alle proteste in strada e al movimento di disobbedienza civile che sta mettendo in ginocchio l’economia birmana e con lei l’esercito, società civile e politica stanno gettando le fondamenta per un futuro diverso. Sarà un lunghissimo percorso, di anni e anni, cui si arriverà solo dopo ulteriore caos e violenza.
Il governo in esilio, denominato CRPH, e formato dai parlamentari eletti a novembre 2020 (attraverso un voto democratico che l’esercito ha dichiarato fraudolento), ha dichiarato abolita la Costituzione del 2008, quella che tra le tante cose impedisce ad Aung San Suu Kyi di essere Presidente del Paese (poiché ha figli di nazionalità straniera, principio che violerebbe il sacro nazionalismo birmano), e ha fatto un’importante proposta di Costituzione alternativa, che prevede l’istituzione di uno Stato federale: ovvero uno Stato in cui anche i gruppi etnici minoritari avrebbero più indipendenza e potere rispetto alle decisioni prese a livello centrale. Questo accade mentre l’esercito birmano bombarda i territori karen.
Per approfondire questa settimana:
- un articolo sull’alleanza contro la giunta militare, a partire dall’esercito karen
- l’analisi di Carlos Sardiña Galache
- We Will Haunt You: il video da cui è tratta la poesia in apertura
Credits: Latt Thone Chaung