Era il 1999 quando il diciassettenne Ian Sagar chiese a un suo amico di Sheffield, un paesino del profondo nord inglese, cuore delle lotte dei minatori, di fargli provare il motorino appena comprato. Mezzora dopo la sua vita aveva preso una piega nuova e definitiva: una caduta, la lesione del midollo spinale, la carrozzina.
Questo scenario avrebbe messo ko chiunque, ma non lui. Sagar, un combattente nato che, alla sfortuna della vita, ha contrapposto la volontà di guadagnarsi il proprio posto nel mondo.
Il basket in carrozzina, inizialmente un passatempo che lo aiuta a staccare un po’ la testa, diventa un talento da coltivare, quindi un lavoro fonte di entusiasmanti vittorie. Tre volte campione d’Europa con la nazionale inglese (2011, 2013, 2015), il bronzo paralimpico di Rio nel 2016, e poi l’approdo alla Briantea84, la società di Cantù che da anni è al vertice del movimento cestistico in carrozzina e di cui oggi Sagar è una vera e propria bandiera.
Scritto con il giornalista Alessandro Camagni, il libro di Sagar ripercorre le tappe della vita di un campione, ma soprattutto sfata alcuni falsi miti su disabilità e sport, oltre a dare al lettore un punto di vista radicale su cosa vuol dire avere il coraggio di affrontare la vita. Il coraggio di non tornare indietro.
Leggi un estrattoNon era per niente come me l’ero immaginato. Era esaltante. In due parole: sport vero… La gente si scontrava, cadeva. Si sentiva il rumore del ferro delle carrozzine che sbattevano tra loro. Era qualcosa di realmente duro, non un gioco per disabili.
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