Una speranza ostinata
Terezin, Auschwitz, Varsavia, Dachau
Questo testo rappresenta un’occasione preziosa per gli insegnanti delle scuole medie, inferiori e superiori. Nel restituire una vicenda personale toccante, nel mostrare come l’Europa sia scivolata lungo «un piano inclinato» dentro l’Olocausto, fornisce non solo un dizionario minimo dell’abominio nazista, ma anche un dizionario minimo di cultura ebraica. Senza il possesso di entrambi è difatti impensabile che i ragazzi si avvicinino oggi a un intervallo buio di storia che a molti di loro appare remoto e surreale. Paolo Giordano
Sopravvissuto all’Olocausto, nel 1963 Max Mannheimer deve essere operato alla mascella. L’assistente del medico dimentica per diversi giorni di consegnargli il risultato degli esami e Max si convince di essere condannato. Si rende conto di non avere mai parlato alla figlia delle sue esperienze nei campi di concentramento, «per difendere lei e me stesso».
Decide quindi di scrivere le sue memorie. In pochi giorni butta giù il testo, lavorando come un pazzo anche di notte, con la paura di morire prima di terminare il lavoro. Un mese dopo le dimissioni dall’ospedale, consegna alla figlia le pagine, dicendole che dovrà leggerle solo dopo la sua morte.
Questo libro, scritto con il piglio di un diario, racconta di un padre ballerino e di una madre colta, l’ascesa del nazismo, lo spirito dei vent’anni e l’amore che rendono fiduciosi anche davanti alle deportazioni, alla crudeltà della vita del campo. L’umanità si corrompe, ma non viene meno, tenuta in vita dalla coscienza di essere uomini.
Instancabile, ha continuato a portare le sue memorie nelle scuole fino alla sua scomparsa avvenuta a ridosso della pubblicazione del suo libro in Italia: «Il mio corpo è debole, ma i dettagli di quel tempo spaventoso sono incisi nella mia anima». E ai giovani che lo ascoltavano ricordava sempre: «Voi non siete responsabili di quello che è successo, ma è compito vostro che non si ripeta mai più».
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È la scoperta di un grande vecchio ancora ragazzo, apparentemente timido eppure sicuro di sé nel profondo, riservato e nello stesso tempo galante, intimo nel rapporto con la morte ma non per questo meno affamato di vita. Un libro dove l’ammonimento non si stacca mai dalla speranza.
Paolo Rumiz