31 luglio 2025

Da infortuni e svolte la grande rinascita dell’Atletica Azzurra: l’intervista ad Andrea Schiavon

L’intervista ad Andrea Schiavon a cura di Luca Borioni su Rivista Idea.

«Quando ero un marciatore Under 18, l’attuale direttore tecnico azzurro Antonio La Torre, era l’allenatore di uno dei miei avversari. Le persone le vedevo e le incontravo. L’atletica – ci racconta Andrea – è stato il primo sport che ho seguito anche a livello internazionale. Sono partito per gradi, per il mio primo lavoro giornalistico ho seguito l’ufficio stampa della mia squadra di atletica, che era molto importante a livello italiano e si chiamava Assindustria Sport, emanazione sportiva di Confindustria Padova. Organizzava anche di versi eventi (ricordo ospite Sergej Bubka). Ho cominciato quando ancora si mandavano i comunicati via fax. Poi Il Mattino di Padova mi chiese di seguire proprio l’atletica, in seguito di coprire il volley femminile. E quando mi sono laureato in giurisprudenza avevo già deciso che non avrei fatto l’avvocato. Ma tutto è partito dall’atletica».

Qual è stata l’ispirazione per Prima di vincere?
Una rinascita caratterizzata dal punto più basso toccato ai Mondiali di Londra del 2017. Tra Pechino 2008 e Tokyo 2021, l’Italia non aveva più vinto un oro olimpico e, anzi, faceva fatica non solo ad arrivare sul podio, ma anche ad arrivare in finale nelle gare. Volevo quindi raccontare la metamorfosi, il cambiamento che ha portato questo sport, eccellenza ai tempi di Simeoni e Mennea, a scomparire quasi dall’immaginario collettivo, tornando poi a rifiorire.

C’è un momento simbolico?
È l’abbraccio di Jacobs e Tamberi a Tokyo, dopo i due ori vinti a distanza di dieci minuti uno dall’altro, prima di una serie di risultati clamorosi. È stato bello mettere insieme le storie degli attuali campioni. Mi sono concentrato su quelli che secondo me sono stati gli snodi, gli spartiacque delle loro carriere. Nel caso di Jacobs, il fatto che agli inizi nasca come saltatore in lungo, ma che a causa dei problemi alle ginocchia, sia passato ai 100 metri. E non è stata una metamorfosi né facile né immediata. Nel caso di Tamberi la svolta è più nota, coincide con l’infortunio di Montecarlo nel 2016 che lo obbligò a ricostruire il suo fisico. Poi ci sono Massimo Stano e Antonella Palmisano, partiti da piccoli paesini della Puglia, la loro crescita è concisa con tutta una serie di cambi radicali di vita, trasferendosi a Ostia e, per quanto riguarda Stano, prima a Milano: mollare casa da giovani e mettersi in gioco.

Battocletti, Crippa, Dosso, Fabbri, Fantini, Iapichino, Osakue: quanto lavoro c’è stato da parte della Federazione?
I capitoli che lo raccontano meglio sono due. Il primo è dedicato al direttore tecnico Antonio Latorre che ha preso la Nazionale a fine 2018, inizio 2019, arrivando a Tokyo 2021. Però la storia parte da più lontano. Uno degli esempi più efficaci è quello della staffetta 4×100. Forse la gara che più di tutte ha fatto capire che prima o poi l’Italia avrebbe potuto vincere, proprio per la capacità di costruire dei cambi di testimone ben eseguiti.

Una storia che parte esattamente da dove?
Dagli Europei di Barcellona nel 2010, dove responsabile delle staffette era Filippo Di Mulo. Lì con una squadra di atleti assolutamente normali, era riuscito a ottenere un secondo posto perché, pur correndo normalmente, quei ragazzi facevano cambi praticamente perfetti. Lo disse lui stesso: “capii che se un giorno avessi avuto atleti più veloci, con questo lavoro sui cambi saremmo potuti diventare una squadra da primo posto alle Olimpiadi”. Tra il 2010 e il 2021 sono passati undici anni.

Atletica attrattiva per i giovani, perché?
C’è un dettaglio non trascurabile, specie di questi tempi, cioè fare atletica costa poco sia in termini di tariffe, sia in termini di materiali. Quindi anche è uno sport decisamente accessibile.

Anche per tanti ragazzi italiani che hanno origini straniere?
Proprio così. L’atletica, meglio di altri sport, sa reclutare e coinvolgere il talento di quei ragazzi. Agli Europei di Roma dell’anno scorso, su 24 medaglie italiane, 13 erano di atleti con almeno uno dei due genitori stranieri. È un dato che dice molto. Ci stanno arrivando anche altri sport come la pallavolo femminile, basta scorrere i nomi della squadra di Velasco, recentemente il basket con la nazionale Under20. Il calcio appare più indietro, seppur non manchino ragazzini di origine straniera. Ma pochi vengono convocati in Nazionale, in proporzione.

E come stanno cambiando gli scenari internazionali dell’atletica?
Per cominciare, da un po’ di anni non c’è la Russia. Però intanto sono esplose tantissime piccole nazionali che riescono comunque a esprimere singoli talenti. Penso alle isole caraibiche o agli stessi Paesi africani.

Altri argomenti a favore dell’atletica?
Non è uno sport in cui si ci si sfida uno contro l’altro. Cioè, hai gli avversari ma non di fronte, non ci sono contatti. E quindi sono più rare le occasioni per aggressioni fisiche o verbali. In campo quanto fuori dal campo, esiste un clima che lo rende uno sport più accogliente e più inclusivo.

Anche televisivamente il messaggio dell’atletica è molto forte.
Sono d’accordo. Con il vantaggio che non ti devi mai confrontare con episodi più o meno sgradevoli.

Nel suo libro che parla del “prima di vincere”, c’è anche spazio per qualche riflessione sul dopo? Quali sono le prospettive?
L’ultimo capitolo lascia intravedere quanti giovani talenti azzurri stiano crescendo. Infatti chiudo parlando di Mattia Furlani, lunghista che della nuova generazione è quello più medagliato di tutti. Ha poco più di vent’anni ed è già salito sul podio agli Europei, ai Mondiali, alle Olimpiadi. Negli ultimi giorni abbiamo inoltre registrato l’esplosione di Matteo Sioli nell’alto: ha vinto gli Europei Under23 saltando 2,30 che è una signora misura, tenendo conto che compirà vent’anni a fine anno. C’è stata anche la prestazione pazzesca di Kelly Doualla nei 100 al Festival olimpico europeo, con i suoi 11″21 a soli 15 anni.

Questa tendenza la registriamo anche a livello locale?
Certo. Ad esempio, sempre in questi campionati Under23, il salto con l’asta l’ha vinto con una bella misura (5,70) Simone Bertelli, atleta cresciuto alla Safatletica Torino.

Qui l’intervista completa.

Qui il libro: https://addeditore.it/catalogo/andrea-schiavon-prima-di-vincere/

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