26 luglio 2025

Desiderare al tempo dell’IA: l’intervista a Lin Hsin-Hui

L’intervista a Lin Hsin-Hui a cura di Federico Colombo su Gay.it.

Com’è nato questo libro?
È nato come proseguimento ideale del mio libro precedente: una raccolta di racconti sui confini tra ciò che è umano e ciò che invece umano non è. Quelle erano storie molto realistiche, poi avevo però il bisogno di scrivere qualcosa che andasse in una direzione un po’ diversa, più fantascientifica. Ho iniziato a scriverlo tra la fine del 2019 e le prime settimane del 2020.

Immagino che la pandemia ti abbia ispirata, in qualche modo. 
L’idea è venuta prima: volevo scrivere una storia che esplorasse l’intimità e come questa può essere costantemente ridefinita anche grazie allo sviluppo tecnologico. Avevo in mente queste due entità, questi due corpi, il corpo protagonista e quello dell’androide, che si fanno man mano più vicini fino a diventare quasi indistinguibili. Poi, in effetti, il Covid ha spostato il pensiero un po’ più là.

Cioè?
Ho iniziato a riflettere in senso più lato sul contatto e sull’intimità, su quanto sia essenziale per tuttə noi. Non ce n’eravamo accortə prima della pandemia.

Com’è cambiata dunque la tua idea nel corso della scrittura?
Al cuore della prima stesura non c’era l’idea del governo IA che vuole proteggere le persone dal contatto fisico e dalla vicinanza. Questo seme l’ho sviluppato dopo, con il Covid-19, che mi ha spinto, tra l’altro, anche a fare ricerche in campo neuroscientifico. Erano indispensabili per scrivere una storia come questa.

Intimità senza contatto è un romanzo che racconta la rinuncia del desiderio, la perdita degli appetiti ed esce in un momento in cui si sta ampiamente discutendo sull’impatto che il calo del desiderio può avere per la nostra evoluzione. I giovani, per esempio, fanno sempre meno sesso. Abbiamo smesso di desiderare perché canalizziamo le nostre pulsioni – non solo sessuali, si intende – nella tecnologia?
Sicuramente le cose sono collegate, cerchiamo online quello che prima potevamo trovare solo offline. Io, come ti dicevo, però volevo mettere un po’ in discussione il legame tra intimità e sessualità: non è intimo solo ciò che passa attraverso il sesso. Parte della comunità asessuale, per esempio, crede che la nostra ansia relativa al calo del desiderio sessuale sia figlia di un certo atteggiamento compulsivo nei confronti del sesso: quando manca ci preoccupiamo. Le nuove generazioni sanno, hanno capito, che possono trovare nuove forme di intimità che prescindono dal sesso o che si affiancano al sesso.

Non solo si rinuncia al desiderio, ma nel tuo romanzo assistiamo anche a una rinuncia progressiva dell’umanità: le persone rinunciano a ciò che le rende tali, l’umanità è nelle mani degli androidi. 
Sì, questo è molto realistico, credo. Non si tratta di fantascienza, man mano che la tecnologia si sviluppa noi perdiamo parte della nostra autonomia. È un dato di fatto: studi dimostrano che Google Maps ci ha privati del nostro senso dell’orientamento, per esempio. I social possono essere un deterrente alla fisicità. Chat GPT, invece, minaccia la nostra capacità di pensiero critico, di discernimento emotivo.

Nel romanzo, a proposito di discernimento emotivo, il governo dell’Intelligenza Artificiale dice di voler proteggere a tutti i costi le persone dal dolore, dai sentimenti negativi. 
Ed è per questo che tuttə si isolano; per evitare di scoprirsi vulnerabili, per evitare di soffrire. È il dolore, però, che ci unisce. Ci rende umani.

Nel suo Manifesto Cyborg Donna Haraway scrive che la tecnologia potrebbe essere un dispositivo liberatorio, ma che in fondo non lo è, perché sviluppata a partire da un sistema profondamente militarizzato e patriarcale, di cui finisce per diventare ostensione. Sei pessimista allo stesso modo? La tecnologia non è mai liberatoria?
Donna Haraway ha ragione, però noi, come utenti, abbiamo il potere di decidere come farne uso. La contraddizione riguarda soprattutto le categorie marginalizzate, che spesso nonostante tutto nella tecnologia trovano un’alternativa. Penso soprattutto alla comunità asessuale che si è creato proprio a partire da Internet. La tecnlogia è entrambe le cose: ci dà la possibilità di creare legami, ma può anche essere pericolosamente oppressiva. Non possiamo prescinderne, perciò non ha senso rifiutarla completamente. Va trovato un equilibrio.

Il romanzo è ambientato, tra l’altro, in un mondo post-discriminatorio: ogni possibile segno di emarginazione è cancellato. Non esistono etnie, generi e classi sociali, eppure le persone non sono comunque né felici né pari. 
Per ogni cosa che guadagniamo dalla tecnologia ce n’è un’altra che perdiamo. Non è detto che una maggiore efficienza ci renda felici. La storia che racconto vuole dimostrarlo. Dobbiamo stare attentə.

Cosa ti preoccupa di più dell’uso che stiamo facendo della tecnologia e dell’intelligenza artificiale?
Mi intimidisce la capacità dell’intelligenza artificiale di scrivere un articolo in tre secondi. È una paura che accomuna chi si occupa di scrittura. Ho però voluto sperimentare, ho preso parte a progetti di scrittura creativa che prevedevano la collaborazione tra persone e IA.

E cosa hai scoperto?
Ho scoperto meglio come funziona, come lavora, l’intelligenza artificiale. È rapidissima, ma non considera il desiderio umano. Non è quello il motore della sua scrittura, e si vede. Non c’è urgenza creativa, non c’è la spinta a raccontare una storia. Non ha desiderio, appunto. Le parole sono solo probabilità, non hanno significato. Una frase è un accostamento di parole, una combinazione tra le tante. Infatti, per attivarla devi offrire uno spunto, altrimenti non scriverebbe.

Mentre scrivevi Intimità senza contatto avevi in mente uno scopo? Cosa volevi fare con questo libro? Raccontare una storia, mettere in guardia le persone, creare consapevolezza?
Creare consapevolezza intorno all’importanza di trovare un equilibrio nel modo in cui ci rapportiamo alla tecnologia. Dobbiamo allenare una certa distanza critica dai dispositivi tecnologici.

Tra le righe, c’è una chiara satira alla coppia eteronormativa, tradizionale. 
Volevo rendere evidenti le assurdità che caratterizzano un certo tipo di coppia, spesso eterosessuale, anche se quella che si configura nel romanzo non è una coppia etero. Anche l’androide non ha genere né genitali. Ho usato il pronome neutro per identificarlə. Ciononostante, è vero, l’androide e la sua metà sembrano in tutto e per tutto una coppia eterosessuale: molto tradizionale, anche patriarcalizzata, chiusa. Se la osserviamo da vicino, capiamo che è uno scimmiottamento di quel tipo di legame, ma la loro intimità è diversa. Ecco, volevo esplorare un altro tipo di intimità.

Dove ti ha portato questa esplorazione?
Alla consapevolezza che possiamo distinguere il tatto, la vicinanza fisica e il sesso dall’idea di intimità.

Più volte, durante la lettura, ho pensato al Manifesto Controsessuale di Paul B. Preciado, che vuole fare un po’ la stessa cosa, ovvero rendere grottesche le nostre sessualità tradizionali e monolitiche.
Ah, sì. Anche le coppie queer vogliono fare sesso come le coppie etero: seguendo una linea retta. È grottesco, sì.

Qui l’intervista completa.

Qui il libro: https://addeditore.it/catalogo/lin-hsin-hui-intimita-senza-contatto/

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