I politici creano la paura verso i rifugiati: l’intervista a Behrouz Boochani
L’intervista a Behrouz Boochani a cura di Martina Dei Cais su Corriere dell’Alto Adige in occasione della sua partecipazione al Ram Festival di Rovereto.
Behrouz Boochani è cresciuto a Ilam, nel Kurdistan iraniano. Cosa ricorda dell’ infanzia?
Il mio ricordo preferito è quando mi arrampicavo su un grosso albero con gli altri bambini e ci dondolavamo tra i rami.
Cosa le manca di più della sua terra?
La natura in primavera. Allora vado su Google Earth e esploro il mio paese attraverso le immagini satellitari.
Perché scrive?
Per esprimere ciò che penso e provo. Anche se è un processo difficile e doloroso.
Come ha affrontato la detenzione a Manus Island?
Mi aspettavo di arrivare in Australia e di vedere affrontato il mio caso. Invece mi hanno messo su un aereo e bandito nel Pacifico. È paradossale. Da curdo sono andato via dall’Iran per non essere perseguitato e discriminato e sono finito imprigionato in Australia, proprio da quella democrazia liberale da cui cercavo protezione.
Quanto è rimasto prigioniero a Manus Island?
Ho trascorso più di sei anni imprigionato. Eravamo troppi uomini in un posto piccolo. Numeri, rifiuti. Lontani dagli occhi e dai pensieri. Essere banditi, esiliati, è una violenza. Un’umiliazione profonda. Una tortura sistematica, alleviata da forme di resistenza collettiva. Dalla sperduta isola di Manus, immaginavo l’Australia, un’isola immensa, cercavo di capirne la mentalità, il retaggio colonialista.
Perché i rifugiati fanno paura alle società occidentali?
Oggi per i politici dei diversi schieramenti è facile manipolare il pubblico, deumanizzare e criminalizzare la narrativa sui rifugiati e strumentalizzare per i loro fini la paura. Per questo penso sia importante leggere i miei libri o quelli di altri autori che spiegano cosa l’Australia fa ai rifugiati, ora che politiche simili, che minano i valori democratici, sono discusse anche in Europa. Ci sono gli accordi tra Italia e Albania, tra Regno Unito e Ruanda. Pure la Danimarca si sta attivando. È bene informarsi, analizzare gli impatti attraverso la voce della società civile.
Nel 2020 la Nuova Zelanda ha accolto la sua richiesta di asilo. Com’è la sua vita oggi?
Conduco un’esistenza semplice. Faccio parte della comunità della letteratura e delle arti di Wellington. Ma sono spesso in viaggio, soprattutto in Europa, per fare conferenze e portare la mia testimonianza.
Cosa augura al suo popolo?
Noi curdi abbiamo una lunga tradizione di resistenza e combattimento del colonialismo. La nostra storia è costellata di tragedie e genocidi, ma anche di risultati. Il nostro movimento ha vissuto e sta vivendo l’impatto degli sviluppi della grande storia. È arrivato lo stato islamico e migliaia di combattenti curdi sono caduti lottando contro l’Isis. Poi, c’è stato il referendum sull’indipendenza del Kurdistan iracheno. In Siria, infine, i curdi hanno raggiunto traguardi importanti durante la guerra civile, ma poi sono stati traditi dai poteri forti. Per quanto riguarda i curdi dell’Iran, il movimento va avanti. Tutti dobbiamo contribuire come possiamo. Bisogna lavorare con la gente, fianco a fianco, per contrastare la brutalità del sistema.
Sta scrivendo un altro libro?
Ho appena finito il mio terzo libro, una raccolta di racconti brevi e una novella, che dovrebbe uscire a inizio 2026.
Qui l’intervista completa.
Qui il libro: https://addeditore.it/catalogo/behrouz-boochani-liberta-solo-liberta/