Le case dei miei scrittori
Anche se lo scrupolo della biografa spinge Évelyne Bloch-Dano a scovare il particolare realistico, il suo sguardo interiore segue la sua pista e rincorre le parole, i libri. L’intero universo simbolico dello scrittore prende corpo in un’atmosfera. Nell’incendio dei muri rosa ai primi raggi del sole a Roma, nel vento nelle stradine di Nizza popolate di fantasmi. Nella bruma salmastra dell’Acadia, dove viveva Marguerite Yourcenar. Nei canti dei galli a Key West, nello sferragliare del treno ai piedi della tenuta di Zola a Médan.
Talvolta è un oggetto a richiamare un mondo: la minuscola scrivania di Balzac, la poltrona di Mallarmé, la macchina da scrivere Corona di Karen Blixen. Il giardino d’oro e di porpora di Colette, il semplice tavolo su cui Alexandra David-Néel trascriveva i suoi resoconti da Lhasa. I mobili e i tappeti della casa di Dickens, il castello del Conte di Montecristo di Dumas.
Tra gli altri: Balzac, De Beauvoir, Beckett, Benjamin, Blixen, Brecht, Breton, Camus, Cartesio, Celine, Chateaubriand, Cocteau, Colette, Dickens, Dumas (padre e figlio), Erasmo, Giono, Hemingway, Hugo, James, Keats, Loti, Malaparte, Mallarme, Maupassant, Montaigne, Nietzsche, Poe, Prevert, Proust, Rimbaud, Rousseau, Sand, Simenon, Turgenev, Verlaine, Verne, Voltaire, Wharton, Yourcenar, Zola.
Sono entrata dalla porta principale, la casa era immersa nella penombra, e in cucina c’era odore di chiuso.
Il parquet scricchiolava. Oltre il cancello, il giardino era dieci volte più piccolo di quanto immaginassi. La casa di Combray è stata l’inizio di tutto: da allora ho visitato molte altre case di scrittori, i miei scrittori.