Siamo in presenza di un fumetto intelligente: un’opera che costringe chiunque ci si approcci a guardare in profondità e a non fermarsi alla solita e banale immedesimazione. Tonio Traiano - Fumettologica
Il senso di immobilità pervade tutta la lettura del fumetto e l’autore sa sfruttare abilmente la grammatica dell’arte sequenziale per accentuare questa sensazione in chi legge. Rachele Balzoli - Lo Spazio Bianco
Un tale va dal dottore e scopre di essere morto, ma non ha tempo di occuparsene. Potrebbe sembrare l’inizio di una barzelletta poco divertente, invece è la premessa a Le nuvole del soffitto: un tale va dal dottore e scopre di essere morto.
Solo che per lui non è che sia cambiato granché, rispetto a quando era vivo: la quotidianità va avanti come prima, tra aperitivi e lavori poco stimolanti, una ex moglie verso la quale si prova forse ancora qualcosa, un senso generale di inettitudine e una figlia che è ormai l’unica ragion d’essere.
Si tira avanti, insomma, dovendo fare i conti con una vita, quella appena finita (lo dice il dottore!), che è fatta di ritardi, occasioni mancate, fuga dalle responsabilità, una ripetitività più confortante della felicità. Ma è il momento di fare i conti e tirare le somme. Essere morti può servire anche a questo.
Nel suo graphic novel d’esordio Roberto Biadi nasconde sotto un approccio scanzonato le grandi domande sull’oggi che emergono potenti tra le pieghe di un fumetto sorprendente per acume e struttura visiva: che cosa significa, davvero, essere vivi? Sentirsi vivi? E, soprattutto, per chi sentirsi tali?
Il dottore ha detto che… insomma, ecco… Sono morto. Da almeno qualche anno.