Piccoli editori indonesiani, da Java a Francoforte
– di Ilaria Benini –
Ho incontrato Ronny Agustinus per la prima volta a Jakarta in un caffè inusuale rispetto alle mie più tipiche frequentazioni indonesiane: aveva un arredamento sofisticato, tanta cura ai dettagli e una forte vocazione letteraria. Fuori i soliti fiumi di motorini strombazzanti, dentro visi placidi accompagnati da occhiali di design, tanti laptop Apple, libri aperti tra le mani. Ronny è il fondatore di Marjin Kiri, una casa editrice che si dichiara di parte con il proprio nome: margine di sinistra. Con i loro libri vogliono promuovere un pensiero critico e di sinistra sia nel mondo accademico che con il pubblico meno specializzato. Le pubblicazioni sono principalmente di saggistica, focalizzate su scienze sociali, economia politica, storia, ecologia e cultural studies.
La seconda volta incontro Ronny a Francoforte nel 2014, è parte di un piccolo gruppo di editori provenienti da Asia, Africa e America Latina invitati ogni anno dalla fiera. Il terzo incontro è quest’anno, di nuovo alla celebre fiera tedesca, e Marjin Kiri spicca grazie alla sua grafica e alle sue copertine all’interno dello stand nazionale indonesiano. Il catalogo è sempre più interessante e tante novità hanno copertine straordinarie.
Mi faccio raccontare anche da lui cos’è questa letteratura indonesiana che dobbiamo avvicinare, scoprire, tradurre.
«Abbiamo una produzione letteraria interessante e varia come qualsiasi altro luogo del mondo. Si può trovare qualsiasi cosa in Indonesia, dal realismo magico, alla poesia assurda, ai fumetti di supereroi. I nostri libri affrontano temi che sono abbastanza universali perché i lettori di tutto il mondo ci si possano relazionare, ma anche con uno stile e un “tono di colore” che è proprio dell’Indonesia. Con sempre più traduzioni disponibili, i lettori europei e americani possono scoprire gemme come quelle che trovano dagli anni Sessanta nella letteratura Sudamericana. Quello che vedi qui a Francoforte è solo un’occhiata veloce alla realtà indonesiana, non può rendere la complessità della nostra società, ma è un’occhiata onesta, diversa dai ritratti che si trovano sui media, o troppo rosei o troppo cupi.»