Fate la storia senza di me
Questa storia inizia in un orfanotrofio in cui il protagonista, Albertino, viene internato per “motivi disciplinari”. Albertino Bonvicini finisce nel manicomio di Grugliasco, un incubo affidato alla peggiore incarnazione della psichiatria pre-Basaglia.
Lì Giorgio Coda, applica l’elettromassaggio, tortura prolungata inflitta a chi disturba: “Portami su quello che canta” è la frase che fornì il titolo al libro con cui Alberto Papuzzi svelava l’orrore.
Quell’orrore si rovescia su Albertino: anni di isolamento e torture che il ragazzo racconterà al processo contro Coda. Intanto il ragazzo è affidato a una famiglia benestante, a cui lo lega un affetto enorme, che però non può tenerlo lontano dalla rabbia e dalla violenza. Albertino è un personaggio ammaliante, per molti versi innocente, bugiardo, irresistibile, carismatico. La sua è una vita irrequieta, incontra la protesta giovanile degli anni Settanta e a Torino viene coinvolto nell’episodio dell’Angelo Azzurro in cui perse la vita uno studente torinese. Per questo episodio Albertino viene arrestato e sconterà due anni e mezzo di prigione. In questi mesi l’eroina entra nella sua vita e diventerà la sua condanna definitiva. A tenersi a galla per alcuni anni lo aiutano però le sue incredibili doti: Enrico Deaglio lo vuole al suo nuovo quotidiano, Giuliano Ferrara lo conosce, lo apprezza e finisce per amarlo come un figlio. Albertino sarà la colonna delle sue trasmissioni in tv: “Linea Rovente”, “Il testimone”, “L’Istruttoria”. Sembra la svolta, l’arrivo di un’imprevista “normalità”, ma nel 1988 scopre di essere malato di Aids, e morirà tre anni dopo.
La sua storia è anche un documentario, realizzato da Mirko Capozzoli con la voce narrante di Fabrizio Gifuni, allegato a questo libro in cui sono raccolti i diari di due anni di Albertino, anni di carcere in cui lui stesso fa il punto su tutta la sua vita, sugli anni di piombo, sulla droga, ma anche sull’infanzia e sui molti mondi che ha attraversato nella sua breve esistenza.
Leggi un estrattoAdoro la molteplicità dell’essere perché non sarà un meccanismo telecomandato a distanza